ISTITUTO CRANIOSACRALE INTEGRALE

i ritmi più profondi della Vita

Dallo yoga delle cellule al CranioSacrale V

 

Quinta parte

Approfondiamo adesso la biodinamica craniosacrale, e scopriamo che il corpo è come un fluido, che in esso non vi è nulla di realmente statico, fissato, e che le sue dinamiche sono espressione di una "saggezza" più vasta.

Biodinamica craniosacrale

 

Il fluido, dunque. Sono molti anni che pratico il craniosacrale, eppure certe volte mi sembra di aver cominciato eri; ed altre, invece, in cui ciò che accade lo sento come fosse noto da sempre, anche se mi appare misterioso e profondo. E una delle cose più sorprendenti e più affascinanti è quando si percepisce il corpo come un fluido; quando tutto l’anatomia complessa di ossa, legamenti, muscoli, tendini, organi, tutto quanto, diventa un qualcosa di fluido, vivo e presente, con energia e potenza, e che si manifesta con i movimenti dei fluidi: flussi, maree, onde.

Già dall’inizio ho utilizzato l’approccio biodinamico al craniosacrale, seguendo dei corsi in cui la maggiore enfasi era proprio su questo aspetto. È ciò che mi ha subito affascinato, ricollegandomi spesso alle mie conoscenze pregresse di fisica, è proprio questo corpo fluido a cui ci si riferisce, le maree che lo animano, la sorgente originaria del Respiro della Vita, per arrivare alla quiete dinamica, termine che mi fa spesso pensare al vuoto subquantistico della fisica moderna: una sorta di spazio “vuoto” nel senso in cui lo intendiamo noi, ma dal quale ancora inspiegabilmente si creano
e nel quale scompaiono particelle, in un gioco ancora da conoscere e da scoprire.

Una delle cose più difficili, forse proprio perché la più facile, è saper accettare quello che sta accadendo qui e ora. E’ una cosa che viene descritta in tutti i modi possibili e immaginabili, ma quando si sperimenta direttamente cambia tutto. Le più straordinarie varietà di resistenze si manifestano e lottano con tutte le forze per spostare l’attenzione su di esse.

“Il nostro corpo è quanto noi viviamo di meno: la testa ha accaparrato tutto lo spazio, assieme a qualche passione più o meno felice.” dice Satprem, e la nostra testa, e quindi la nostra mente, è quella più facile da ingannare, al punto che spesso si inganna da sola; mentre il corpo non può mentire. Già, “usare un po’ meno la testa e lasciare che si senta quello che c’è”, è forse una delle difficoltà maggiori che si incontrano, anche nel trattamento craniosacrale.

Durante questa pratica, ed in special modo nell’approccio biodinamico, l’operatore deve fare attenzione a tutta una serie di cose: tenere contemporaneamente insieme una presenza esemplare, una attenzione acuta e vigile, ma senza essere invasivi…, e lasciar accadere, quindi sentire con le mani, ma anche sentire un po’ con tutto, rimanendo però neutrale... Quando si manifesta un movimento, un’onda, una lentissima pulsazione, a volte non si sente con chiarezza, ma c’è: allora si ascolta. E si rimane nella modalità appena descritta. E poi ancora si ascolta. Con questo "ascolto" percepiamo - sia con i nostri sensi noti che con qualcosa di più profondo, elusivo, sottile, ma non per questo meno potente - ciò che sta accadendo, ciò che si sta manifestando. E tutto questo senza cercare di modificare, di aggiustare; di dare un ritmo, che magari, secondo noi, potrebbe essere quello giusto! E’ quello che si insegna nei corsi, è quello che si tenta di fare nella pratica, è quello che nel tempo si impara.

Ma poi, quando si arriva al momento in cui si prende contatto con la persona con cui si fa un trattamento, allora, nel momento in cui le mani cominciano a “sentire”, si entra in un campo in cui qualcosa di profondo, antico, potente, ancestrale si manifesta. E’ difficile da descrivere, forse anche perché non siamo abituati ad “ascoltare” in questo modo. Non sono solo le mani: la percezione si allarga, comprende anche sensazioni nuove. Forse le potremmo definire meglio come antiche; antiche ma riscoperte, e per questo nuove, nuove per i nostri sensi, normalmente costretti in una routine e abituati a percepire quasi sempre le stesse cose.

Forse facciamo qualcosa, forse non facciamo niente, ma di sicuro il solo fatto che la persona trattata senta di potersi concedere del tempo ed in quel tempo potersi lasciare andare un po’, affidarsi a qualcuno ma soprattutto al proprio sé profondo, è di per sé già un gran risultato, e può avere degli effetti straordinari sul miglioramento dello stato generale. E la cosa notevole è che a volte questo accade senza che la persona lo avverta coscientemente. Vi è mai capitato di sentirvi dire: “Ma non capisco, non abbiamo fatto niente di particolare, a parte stare stesi con molta tranquillità,
tu mi hai tenuto le mani appoggiate alla testa molto delicatamente, eppure… sento che è successo qualcosa…” forse perché la mente è troppo occupata a fare progetti, a pensare al passato, a pianificare il futuro, e tante altre cose, da perdersi proprio quello che nel corpo accade. Niente di fantastico, niente di pericoloso; la bellezza della biodinamica craniosacrale è che, utilizzando le forze intrinseche del proprio corpo, avvia dei processi di riequilibrio, di rigenerazione, di ricerca di un miglioramento, assolutamente calibrati per quelle che sono le proprio possibilità del momento.

Proviene tutto dalle forze intrinseche del corpo e come tale è automaticamente giusto per ognuno. E cos’è che sentiamo? Come si fa a dire cosa si sente, come si sente… Il tipo di percezioni sperimentate è molto vasto, spesso molto differente dall’esperienza comune. Possiamo fare un tentativo per descriverle usando gli strumenti linguistici a disposizione: ma potrebbe essere una limitazione. Il campo percettivo ha molte più possibilità di quello che siamo soliti pensare. Man mano che si approfondisce l’esperienza, che la si consolida, si potrà cominciare a raccontare con più consistenza quello che si sperimenta. In realtà non c’è niente di misterioso o di difficile in tutto questo: si tratta solo di abituarsi a entrare in campi di esperienza a cui non siamo più abituati, ed a cui forse non facciamo più caso. Gradualmente si sviluppano e si riscoprono le capacità per cui l’esperienza diventa più abituale, più comune.

“Non c’è niente di più invisibile dell’evidenza, ce l’abbiamo talmente sotto il naso che non la vediamo” dice Mère, e queste parole le ho sempre condivise, già molto prima di averla conosciuta.

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